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Trento, 24 maggio 2009
«Rostagno, soddisfazione e rabbia»
L’uccisione dell’ex leader del Sessantotto fu decisa dai boss della mafia
Due arresti per l’omicidio del sociologo. Boato: «Era ora»

dal Corriere del Trentino di domenica 24 maggio 2009

«Provo un sentimento di soddisfazione e di rabbia». Marco Boato è netto. Di fronte ai due ordini di custodia cautelare emessi dal gip del tribunale di Palermo per l’omicidio del sociologo Mauro Rostagno (i provvedimenti riguardano il capomafia Vincenzo Virga e il presunto killer Vito Mazzara), il leader del Sole che ride mostra sensazioni quasi contrastanti. «Da un lato — dice Boato, che con Rostagno guidò le contestazioni a Sociologia nel Sessantotto e fondò Lotta continua — provo una grande soddisfazione: dopo 21 anni la magistratura di Palermo ha individuato i responsabili mafiosi dell’omicidio di Mauro». Ma non c’è solo il sollievo nelle parole di Boato: «Dall’altro lato provo una grande rabbia e una grande amarezza: per arrivare a questo punto ci sono voluti 21 anni. Anni in gran parte caratterizzati da depistaggi, azioni per infangare la memoria di Rostagno, calunnie anche nei confronti dei suoi famigliari e in particolare della sua compagna, Chicca Roveri, che fu persino arrestata. In questo modo, hanno ucciso Mauro una seconda volta».

Il leader del Sole che ride non è tenero. «Che quello di Rostagno fosse un omicidio di mafia — sottolinea — era visibile fin dalla sua morte, avvenuta il 26 settembre del 1988. Nella mia orazione funebre avevo parlato esplicitamente di questo. E l’allora titolare della cattedrale di Trapani volle per Rostagno un funerale religioso, parlando lui stesso di omicidio di mafia».

Boato torna quindi sulla ragione di quell’omicidio, avvenuto a Lenzi, in provincia di Trapani, solo pochi mesi dopo che Rostagno era stato a Trento per il ventennale del Sessantotto. «In quell’occasione, a febbraio — ricorda Boato — Rostagno mi parlò delle sue trasmissioni sulla rete locale Rtc, radio tele cine. Durante le trasmissioni si esponeva a costo della sua stessa vita».

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